L’esperto risponde: intervista con Michele Sivilli
Nonostante se ne parli da anni, la parità di genere non ha ancora visto una reale e solida applicazione a livello europeo. La quotidianità che viviamo dimostra come alle parole non siano seguiti i fatti, soprattutto sul piano lavorativo questa mancanza è ancora molto marcata se, consideriamo la disparità nei ruoli manageriali e nella retribuzione.
A livello europeo, l’Agenda 2030 mette al quinto posto, tra gli obiettivi per lo “sviluppo sostenibile”, il raggiungimento effettivo della parità di genere.
L’obiettivo è declinato in 9 target, gli ultimi tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione e cioè:
- avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche, così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali;
- rafforzare l’utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per promuovere l’emancipazione della donna;
- adottare e intensificare una politica sana e una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli.
Per il raggiungimento di tali obiettivi sono stati stanziati 9,81 miliardi. Di seguito, Michele Sivilli, Project Manager dell’area tutor di Innova Finance, risponde alle domande sul tema della parità di genere, con un focus sulla situazione in Italia.
Cosa avviene in Italia?
In Italia, l’azione legislativa negli ultimi anni si è focalizzata principalmente sul mondo del lavoro, divenuto oggetto di numerosi interventi normativi volti a riconoscere l’equiparazione dei diritti e maggiori tutele per le donne lavoratrici. Tra queste, le disposizioni volte a favorire la conciliazione vita-lavoro — anche attraverso un bonus per servizi di babysitting — e il supporto alla genitorialità, nonché le disposizioni per il contrasto alle c.d. “dimissioni in bianco”. Sono stati inoltre rafforzati gli strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile.
A novembre 2021, inoltre, la legge n.162/2021 è stata aggiornata. Prevede, a partire dal 1° gennaio 2022, per tutte le aziende, pubbliche e private, con più di 50 dipendenti, la certificazione della parità di genere sul posto di lavoro, per eliminare il divario di retribuzione tra uomini e donne aggiornando il Codice delle Pari Opportunità ed estendendo l’obbligo di redazione di un rapporto sulla situazione di impiego maschile e femminile.
Questo rapporto deve essere compilato e trasmesso dalle aziende alle rappresentanze sindacali aziendali entro il 31 dicembre, ogni 2 anni. Se nel rapporto vengono rilevate anomalie o criticità, le rappresentanze sindacali aziendali e le consigliere e i consiglieri territoriali e regionali di parità, possono fare una segnalazione all’organismo di valutazione della conformità che ha rilasciato la certificazione della parità di genere, concedendo all’impresa un termine, non superiore a 120 giorni, per la rimozione delle anomalie. Al termine del periodo indicato sono previste sanzioni e verifiche ad opera dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che verranno introdotte con specifici decreti ministeriali.
Diventa quindi una necessità per le organizzazioni strutturare un proprio sistema di gestione dell’inclusione, non solo per mostrare il proprio impegno sul tema gender equality, ma anche per determinare e monitorare precisi obiettivi per il miglioramento.
Come fare ad ottenere la certificazione?
Per il conseguimento della certificazione sulla parità di genere si deve fare riferimento alla prassi UNI PDR 125 2022, entrata in vigore il 16 marzo 2022 in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1, contenente i criteri, i parametri e le indicazioni tecniche funzionali al conseguimento della certificazione di genere.
Il rilascio della certificazione sulla parità di genere alle imprese sarà effettuato dagli organismi di valutazione della conformità accreditati in questo ambito ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008.
La prassi di riferimento prevede un insieme di indicatori prestazionali (key performance indicators – KPIs) in grado di guidare il cambiamento delle politiche per la parità di genere delle imprese, individuando 6 aree strategiche di valutazione per le differenti variabili che contraddistinguono un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere.
Ogni area è contraddistinta da un peso percentuale, per un totale pari al 100%, che contribuisce alla misurazione del livello attuale dell’organizzazione e rispetto al quale è misurato il miglioramento nel tempo:
- cultura e strategia – area volta a misurare che i principi e gli obiettivi di inclusione, parità di genere e attenzione alla gender diversity dell’organizzazione siano coerenti con la sua visione, le finalità e i valori che caratterizzano l’ambiente di lavoro. Il peso dell’area rispetto alla valutazione complessiva è pari al 15%;
- governance – area volta a misurare il grado di maturità del modello di governance dell’organizzazione volto a definire gli adeguati presidi organizzativi e la presenza del genere di minoranza negli organi di indirizzo e controllo dell’organizzazione nonché la presenza di processi volti a identificare e porre rimedio a qualsiasi evento di non inclusione. Il peso dell’area rispetto alla valutazione complessiva è pari al 15%;
- processi di gestione delle risorse umane – area volta a misurare il grado di maturità dei principali processi in ambito HR, relativi ai diversi stadi che caratterizzano il ciclo di vita di una risorsa nell’organizzazione e che si dovrebbero basare su principi di inclusione e rispetto delle diversità. Il peso dell’area rispetto alla valutazione complessiva è pari al 10%;
- opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda – area volta a misurare il grado di maturità delle organizzazioni in relazione all’accesso neutrale.
Quali sono i vantaggi a certificarsi per le aziende?
Gli aspetti principali dello schema di riferimento per la Certificazione della Parità di Genere sono:
- un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L’esonero sarà determinato in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile;
- un maggiore punteggio in caso di partecipazione a gare di appalto pubblico;
- una diminuzione del 30% della “garanzia per la partecipazione alla procedura” cioè della cauzione provvisoria (sotto forma di garanzia fideiussoria) richiesta per partecipare alle gare d’appalto pubblico;
- un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di progetti ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
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